Il 15 aprile u.s. il Ministero dell’Ambiente ha incontrato le associazioni di categoria e i soggetti obbligati alla raccolta degli PFU, per comunicare e presentare l’imminente partenza del registro informatico produttori, che dovrebbe essere operativo a partire da 7 maggio. Uno strumento importante, molto atteso dal nostro settore, che si spera possa contribuire in maniera significativa, ad una gestione più trasparente ed efficace della filiera.
Un cambiamento sicuramente utile per la gestione futura, ma che oggi non risolve l’emergenza persistente a causa dei ritardi nella raccolta degli PFU. Proprio oggi si apre infatti il periodo del cambio gomme stagionale, che rischia di peggiorare una situazione già gravosa, con grande preoccupazione delle aziende di rivendita di pneumatici.
A margine della riunione, CNA è intervenuta per segnalare la situazione di disagio delle imprese, che ha raggiunto livelli di criticità estremamente preoccupanti. Solo negli ultimi 3 giorni oltre 200 imprese hanno inviato segnalazioni sui ritardi nella raccolta, che superano i nove mesi di attesa con una giacenza media superiore alle 400 unità.
CNA ha chiesto nuovamente al Ministero di intervenire con urgenza per far partire un’immediata raccolta extra, che nel 2024 di fatto non c’è stata. Ha chiesto inoltre di riaprire il tavolo di confronto, necessario per individuare le soluzioni strutturali più volte richieste al fine di evitare il procedere con una logica emergenziale.
APPROFONDIMENTO: PACCHETTO OMNIBUS
Il 26 febbraio 2025, la Commissione Europea, presentando il cosiddetto “pacchetto omnibus” volto ad alleggerire il “Green Deal”, ha dichiarato di voler procedere alla modifica alla disciplina della rendicontazione di sostenibilità, intervenendo in particolare sulla Direttiva (UE) 2022/2464 (CSRD) e sulla Direttiva (UE) 2024/1760 (CS3D).
Tutto ciò cosa vuol dire?
Il regolamento sulla tassonomia UE, le importanti direttive sul reporting di sostenibilità (CSRD) e sulla due diligence di sostenibilità (CSDDD) e CBAM sono le principali normative cui la Commissione europea ha deciso di metter mano in vista di una decisa semplificazione degli adempimenti ESG imposti alle imprese.
Il pacchetto di semplificazione, denominato “Omnibus”, avrà diverse serie di proposte per raggiungere l’obiettivo di ridurre la burocrazia mantenendo gli impegni presi dall’UE per il cambiamento climatico nel quadro degli Accordi di Parigi e si propone di seguire quattro linee direttrici.
A seguito delle pressioni esercitate da diversi settori industriali e imprese, in particolare le PMI, e di alcuni stati membri volte a ridurre il carico normativo imposto alle imprese in materia di sostenibilità, la Commissione Europea ha avviato un processo di semplificazione e revisione delle normative per ridurre gli oneri amministrativi e favorire l’attuazione del Green Deal senza compromettere la crescita economica.
Con l’obiettivo di ridurre anche i requisiti di rendicontazione, il primo pacchetto di semplificazione denominato “Omnibus” presentato il 26 febbraio riguarda, in particolare, le seguenti normative:
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la Corporate Sustainability Reporting Directive (direttiva UE 2022/2464 CSRD);
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la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (direttiva 2024/1760 CSDDD);
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la Tassonomia UE (regolamento UE 2020/852);
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il Carbon Adjustment Mechanism (regolamento 2023/956 CBAM);
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l’InvestEU Regulation (proposta).
I cambiamenti di questo riesame influenzeranno anche la Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) a causa degli effetti di ricaduta delle modifiche alla Tassonomia UE ma non solo.
I cambiamenti proposti dal pacchetto Omnibus riguardano:
Le previsioni del primo pacchetto Omnibus si concentrano principalmente sulla semplificazione e riduzione del carico normativo per le imprese, mantenendo comunque gli obiettivi climatici e di sostenibilità.
La Commissione UE dà priorità agli sforzi in questo senso, in linea con la relazione Draghi “Competitiveness Compass”. L’agenda del legislatore Europeo è stata, peraltro, rispettata: aveva previsto che il pacchetto Omnibus dovesse essere pubblicato il 26 febbraio 2025.
Nei giorni che hanno preceduto questa pubblicazione (e in particolare nella giornata di venerdì 21 febbraio) erano già iniziati a trapelare stralci di documenti sulle proposte in discussione. Quanto circolato evidenziava l’esistenza di diverse posizioni, anche distanti tra loro, circa la portata delle decisioni di semplificazioni in corso. Il dibattito politico che passerà ora in sede di Parlamento Europeo e di Consiglio si delinea, dunque, complesso e con esiti ancora non scontati.
Le modifiche proposte il 26 febbraio alla CSRD, alla CSDDD e alla CBAM entreranno in vigore una volta che i co-legislatori avranno raggiunto un accordo sulle proposte e dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE.
I documenti pubblicati suggeriscono una significativa attenuazione di alcuni requisiti ESG. Le principali previsioni portano l’attenzione su diversi aspetti chiave:
Semplificazione dei requisiti di rendicontazione: l’Omnibus ha l’obiettivo di ridurre la complessità e l’onere burocratico per le aziende, in particolare quelle più piccole o in settori con alte emissioni. La Commissione adotterà, tramite atto delegato, uno standard di rendicontazione volontaria basato sullo standard per le PMI (VSME) sviluppato dall’EFRAG.
Tale standard fungerà da “scudo” (value chain cap) limitando le informazioni che le aziende o le banche che rientrano nell’ambito della CSRD possono richiedere alle aziende nelle loro catene del valore che hanno meno di 1.000 dipendenti. Questo potrebbe significare una riduzione della portata di alcune normative, alleggerendo le obbligazioni di rendicontazione, ma mantenendo comunque il focus sugli obiettivi di sostenibilità.
Modifiche alla CSRD: gli obblighi di segnalazione si applicherebbero solo alle grandi imprese con più di 1000 dipendenti (vale a dire imprese che hanno più di 1000 dipendenti e un fatturato superiore a 50 milioni di EUR o un totale di bilancio superiore a 25 milioni di EUR). Ciò significa che il numero di aziende nell’ambito sarà ridotto di circa l’80%. Inoltre, la Commissione rivedrà l’atto delegato che istituisce gli ESRS (european sustainability reporting standards) con l’obiettivo di ridurre sostanzialmente il numero dei data points, chiarire le disposizioni ritenute poco chiare, migliorare la coerenza con altri atti legislativi. La proposta eliminerebbe anche il potere della Commissione di adottare standard specifici per settore e la possibilità per la Commissione di proporre il passaggio da un livello di assurance limited a un livello di assurance reasonable.
Modifiche alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD): l’Omnibus potrebbe portare ad un posticipo di un anno ma anche a ridurne la portata e modificare i requisiti di responsabilità legale. Ciò potrebbe venire incontro alle resistenze emerse: disposizioni sulla responsabilità civile rimosse, requisiti di due diligence resi meno rigorosi, obblighi al piano di transizione in forma diluita.
Revisione della Tassonomia UE: potrebbero essere introdotte nuove categorie o snellimenti per rendere più chiari i criteri green e semplificare la rendicontazione. Si propone di limitarla alle aziende più grandi mantenendo la possibilità di reporting volontario per le altre. Inoltre, si introduce una soglia di materialità finanziaria che potrebbe ridurre i modelli di rendicontazione del 70%.
Semplificazione del Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM): si propone di esentare i piccoli importatori con soglia annuale cumulativa di 50 tonnellate. Sarebbero così eliminati gli obblighi CBAM per il 90% degli importatori, coprendo però oltre il 99% delle emissioni.
Effetti del pacchetto Omnibus per le aziende italiane
Molte aziende italiane, già in obbligo di rendicontazione nel 2026 secondo il D.Lgs. n. 125/2024 (aziende con più di 250 dipendenti e/o fatturato netto di 50 milioni e/o totale di bilancio di 25 milioni), saranno probabilmente escluse sulla base delle indicazioni Omnibus.
Secondo il Censimento Permanente delle Imprese 2023, in Italia le imprese con più di 250 dipendenti sono circa 4.000. Se il nuovo limite diventasse 1.000 dipendenti, le imprese impattate sarebbero meno di 800.
Voci critiche
Diversi investitori e stakeholder del settore finanziario temono che una semplificazione eccessiva possa compromettere gli standard di sostenibilità e la credibilità del mercato europeo. Oltre 200 operatori hanno chiesto alla Commissione di mantenere intatto il quadro normativo sulla finanza sostenibile dell’UE, considerato essenziale per la crescita economica e per la transizione verso un’economia net-zero.